lunedì 22 giugno 2020

Recensione: La città di Ottone di S. A. Chakraborty




Titolo: La città di Ottone
Autore: S.A. Chakraborty
Editore: Mondadori
Genere: Fantasy
Pagine: 528
Prezzo: 22,00 euro
Volume 1 di 3

Ciao Lettori! Oggi torniamo a parlare di una nuova uscita di Mondadori, che in questo periodo ci sta deliziando con le sue meravigliose edizioni, curatissime in ogni dettaglio. Questa recensione nasce grazie ad una iniziativa creata da Alessandra Fattori, in arte Raggy Words che, in collaborazione con Oscar Vault, ha dato il via a questo Review Party al quale parteciperanno anche altri blogger, che contribuiranno con le loro recensioni ad esplorare il mondo creato da S.A. Chakraborty nel suo romanzo d'esordio La Città di Ottone. Di seguito, per iniziare, trovate la trama:

EGITTO, XVIII SECOLO. Nahri non ha mai creduto davvero nella magia, anche se millanta poteri straordinari, legge il destino scritto nelle mani, sostiene di essere un’abile guaritrice e di saper condurre l’antico rito della zar. Ma è solo una piccola truffatrice di talento: i suoi sono tutti giochetti per spillare soldi ai nobili ottomani, un modo come un altro per sbarcare il lunario in attesa di tempi migliori.

Quando però la sua strada si incrocia accidentalmente con quella di Dara, un misterioso jinn guerriero, la ragazza deve rivedere le sue convinzioni. Costretta a fuggire dal Cairo, insieme a Dara attraversa sabbie calde e spazzate dal vento che pullulano di creature di fuoco, fiumi in cui dormono i mitici marid, rovine di città un tempo maestose e montagne popolate di uccelli rapaci che non sono ciò che sembrano. Oltre tutto ciò si trova Daevabad, la leggendaria città di ottone. Nahri non lo sa ancora, ma il suo destino è indissolubilmente legato a quello di Daevabad, una città in cui, all’interno di mura metalliche intrise di incantesimi, il sangue può essere pericoloso come la più potente magia. Dietro le Porte delle sei tribù di jinn, vecchi risentimenti ribollono in profondità e attendono solo di poter emergere. L’arrivo di Nahri in questo mondo rischia di scatenare una guerra che era stata tenuta a freno per molti secoli.

https://www.sachakraborty.com/the-world-of-daevabad.html


Il worldbilding che crea Chakraborty è davvero splendido, sicuramente inusuale per un fantasy. Troviamo ambientazioni arabeggianti, che si fondono con dettagli della cultura indiana, che denotano una buona padronanza della materia, ed una fantasia sfrenata dell'autrice. Le descrizioni sono davvero ben fatte e il lettore non deve sforzare troppo l'immaginazione, riesce a condividere la sua visione del mondo in modo semplice ed efficace. Questo grazie anche alla sua scrittura, perlopiù lineare e senza orpelli, che a tratti diventa inspiegabilmente caotica e contorta, penalizzando la comprensione della complessa struttura sociale e il dipanarsi della trama.

Questi ultimi due elementi infatti, sono il tallone di Achille di questo primo libro della trilogia di Daevabad. La costruzione di una gerarchia sociale estremamente intricata, che affonda le proprie origini nelle leggende, cozza fortemente con la scelta di non servirsi di un narratore esterno per affrontare la spiegazione volta a chiarire bene l'organizzazione delle varie tribù. Bensì viene lasciato l'onere ai personaggi principali che, oltre a dover portare avanti la trama, devono lanciarsi in spiegazioni talvolta frammentate, fra un avvenimento e l'altro che li coinvolge. Tutto questo crea un senso di dispersione nel lettore, il quale é costretto continuamente a servirsi del glossario (utilissimo) posto alla fine del libro, per raccapezzarsi riguardo le varie razze, tribù e famiglie che compongono il mondo di Daevabad. Per quanto concerne i protagonisti della storia, ho trovato anacronistico il modo in cui sono descritti. Nahri é una donna forte, risoluta, astuta, e sfrontata e le azioni che evidenziano queste caratteristiche, mal si collocano nel contesto storico che l'autrice ha tenuto a specificare. Quanto può essere veritiera una figura come questa in  Egitto in età Napoleonica? La risposta é: per nulla. A parte questo, la sua caratterizzazione é ben definita, e risulta l'unica a restare coerente nell'arco di tutta la narrazione.

Virginie Pairaya, https://www.instagram.com/virginie.pairaya.art/


Ali, é il coprotagonista nonché detentore dell'altro point of view, intorno al quale si articola tutta la storia. Lui é un giovane principe combattente, fanatico religioso che rifugge il lusso di corte e dedica la sua vita ad aiutare i più deboli, ha un carattere che si lascia facilmente influenzare, benché trasudi testardaggine e sicurezza da ogni poro, e la sua bontà d'animo segna sempre le sue disfatte. Insomma nulla di nuovo, un cliché molto in voga da lunga data ormai.

Infine troviamo Dara, fedele combattente sanguinario a servizio della famiglia Nahid , che ha atteggiamenti tipici di una persona bipolare, che almeno lo rendono il personaggio più imprevedibile e meno piatto, é grazie a lui se la storia ha dei twist improvvisi e un po' adrenalinici, benché anche lui incorra nel cliché bello, dannato e pure un po' pazzo.

Nel complesso La città di Ottone, superate le prime 250 pagine, può essere una lettura piacevole, anche se non estremamente avvincente. Probabilmente questa trilogia fa parte di quelle a struttura convessa, nelle quali il primo libro fa da introduzione, si ha un picco di pathos nel secondo volume, per poi lentamente ridiscendere fino alla conclusione con il terzo. Di certo alla fine il lettore viene stuzzicato a proseguire la lettura della saga, anche grazie al finale decisamente molto brusco e poco esaustivo, che lascia moltissimi punti aperti.

In generale, mi sento di consigliare questo libro a chi cerca una storia leggera ma per questo non banale, che vi trasporti in un mondo caldo ed inusuale.

Se volete leggere altri pareri in merito a La città di Ottone, vi lascio la locandina dell'evento con le date e i Blog che partecipano:













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