martedì 31 gennaio 2023

Omicidio a Mizumoto park di Tetsuya Honda







Ciao Lettorə,

Oggi vi parlerò di questa recente uscita di Edizioni Piemme, che fin da quando é stata annunciata ha stuzzicato la mia curiosità, le mie aspettative saranno state positivamente confermate? SPOILER: SI!

Di seguito vi lascio la trama e subito dopo troverete, come al solito, il mio commento:

La prima indagine della detective Himekawa della polizia di Tokyo. Nome: Reiko Himekawa. Età: 29 anni. Segni particolari: lentiggini d'estate, un intuito formidabile, un'adolescenza difficile, una passione un po' morbosa per le autopsie ben fatte. Professione: la più giovane detective della sezione Omicidi di Tokyo. Quando nei pressi del laghetto artificiale di Mizumoto Park, in un tranquillo sobborgo di Tokyo, viene ritrovato un cadavere, Reiko Himekawa è ben felice di ricevere la telefonata che - in quanto detective della polizia metropolitana di Tokyo, sezione Omicidi - la convoca immediatamente sul posto. L'alternativa sarebbe stata passare un'altra serata con genitori e zia, a sentirsi dire che a ventinove anni è ora di smetterla di giocare a guardie e ladri e cercarsi un marito. Arrivata a Mizumoto Park, che già pullula di suoi colleghi, Reiko si trova davanti una strana scena del crimine: un corpo avvolto in un sacco di plastica blu è stato lasciato sul ciglio della strada, tra i cespugli, in piena vista, quasi come se l'assassino volesse a tutti i costi che qualcuno lo trovasse... Più tardi, si scoprirà che anche le molte ferite inferte alla vittima presentano delle stranissime caratteristiche; e quando, proprio nel laghetto del parco, un secondo corpo viene ritrovato nello stesso tipo di sacco, per Reiko è chiaro che la caccia al più enigmatico serial killer di Tokyo è appena cominciata...
ALTRE INFORMAZIONI

  • ISBN: 9788856684261
  • Edito: Edizioni Piemme
  • Collana: THRILLER STR
  • Formato: Rilegato
  • Pagine Arabe: 350
  • Traduttore: Ingiardi C.

Omicidio a Mizumoto Park é un thriller ricco di violenza, psicologa e non, altamente disturbante. Utilizzo questo termine con un'accezione positiva, perché é cristallino il fatto che l'autore voglia suscitare in coloro che leggono il suo testo delle emozioni, perlopiù sgradevoli, che però consentono un livello di empatia tale con i suoi personaggi, che anche al termine della lettura lascia la sua traccia.

Il testo é scritto in prima persona, con vari pov che si alternano, ma senza confondere il lettore. La cosa particolare é il fatto che scrive in maniera molto introspettiva raccontando le azioni dei personaggi, e dando voce espressamente ai loro pensieri, che ritroviamo scritti in corsivo per sottolineare il dialogo interno dei protagonisti. 
Questo sottolinea ancora di più il tratto caratteristico della cultura Giapponese, ossia la forte attenzione alla formalità, ci troveremo infatti davanti a situazioni nelle quali i personaggi agiscono in maniera formale, pensando tutt'altro. Un escamotage furbo da parte dell'autore esplicitare i pensieri, che normalmente non trasparirebbero dalla descrizione di un atteggiamento.

Honda rappresenta perfettamente il Giappone moderno, con le sue contraddizioni, dove una donna meritevole riesce anche a raggiungere una carica importante, ma subisce la pressione dei colleghi uomini, perché non riescono a sopportare che una donna possa avere il comando. Senza contare le continue molestie alle quali viene costantemente esposta.

L'autore fa trasparire una società in cui non importa quanto prestigioso sia il ruolo ricoperto da una donna, poiché la si definisce solo in base al fatto che non abbia ancora preso un marito. É il caso appunto dell'ispettrice Reiko Himekawa, la quale all'età di 30 anni ha avuto una sfolgorante carriera, che però non è abbastanza poiché non è sposata e neppure ambisce ad una relazione. 

La sua pervicacia e la sua determinazione, prevalicano queste ostilità, Reiki ha una missione e con un forte spirito la porterà avanti, a volte soprassedendo sulle invettive, e battendo i suoi avversari con intuito e intelligenza, affermando la sua supremazia.
Ci ho visto in questa storia una forte critica alla formalità delle istituzioni, Honda con un colpo al cerchio ed un colpo alla botte dimostra quanto a volte la schematicità, per quanto utile, non é sempre indice di alte performance.

Per quanto riguarda la trama, chi é un po' avvezzo alla lettura di manga, ritroverà una certa familiarità, sono 350 pagine ricche e ben strutturate, c'è all'interno anche una metastoria, dei capitoli che intervallano la narrazione e fanno riferimento ad un personaggio del libro e ho trovato molto stimolante indovinare di chi si trattasse.

Personalmente è un libro che ho apprezzato tanto, che ho letto tutto d'un fiato nonostante ci fossero scene davvero difficili da mandare giù, che ben rappresentano la società Giapponese nel suo eterno contrasto tra tradizione e modernità.


mercoledì 25 gennaio 2023

Intervista a Leonarda Grazioso traduttrice di Victories Greater than Death

Ciao Lettorə,

Sono felice oggi di potervi portare un contenuto diverso dal solito collegato ad uno dei libri che durante l'anno 2022 si è piazzato fra i miei preferiti (le motivazioni le trovate qui nella mia recensione).
Parlo proprio di Victories greater than death scritto da Charlie Jane Anders, pubblicato da Fanucci e tradotto dalla bravissima Leonarda Grazioso, che io e Francesca de La biblioteca di Zosma abbiamo intervistato per voi, in merito al processo creativo ed altri piccole curiosità, buona lettura!

1. Ciao, Leonarda! Ti va di parlarci un po' di te? Quando hai deciso di diventare una traduttrice? Quali lingue conosci? 

Volentieri! Innanzitutto vorrei ringraziarvi entrambe per avermi proposto quest’intervista; la mia carriera di traduttrice non è iniziata da molto tempo, ma è la prima volta che mi capita un’opportunità simile e ne sono onorata. Diciamo che la decisione di diventare traduttrice nasce da un’inclinazione che mi sono sentita dentro da sempre, prima ancora di scegliere il liceo – linguistico, ovviamente – e che pian piano ha cominciato a germogliare in maniera più consapevole quando ho deciso di iscrivermi alla facoltà per interpreti e traduttori di Trieste. Dopo la triennale, che ho concluso con una tesi di traduzione letteraria dal francese, mi sono un po’ allontanata dalla traduzione scritta e sono passata all’interpretazione di conferenza. È stato un percorso colmo di sfide ma che mi ha riservato anche tante soddisfazioni, e lo rifarei assolutamente. Però sentivo che non era proprio quello il mio posto felice; sentivo di voler tornare alle mie radici e quindi alla traduzione letteraria. E così, finita la magistrale, approfittando della pandemia, mi sono specializzata in questo settore. Le mie lingue di lavoro principali sono l’inglese e il francese, complici anche le richieste del mercato, ma a volte lavoro anche con il tedesco e lo spagnolo. Se devo scegliere una lingua del cuore, però, è e sarà sempre l’inglese.

 2. Ci parli un po' del processo di traduzione? Io non ne so praticamente nulla? Come avviene?

Il processo traduttivo è un po’ come la ricetta della crostata: ne esistono infinite varianti ma ognuno ha la sua, la custodisce gelosamente e la considera la migliore al mondo. Nel mio caso specifico, lascio che sia il testo che ho davanti a dettare l’approccio traduttivo di volta in volta. La teoria di solito vorrebbe che un libro venga letto per intero prima di tradurlo: e sebbene nel caso di Victories Greater than Death sia andata così – per forza di cose, visto il genere – in altri casi mi piace buttare giù una prima bozza “di pancia”, man mano che vado avanti nella lettura, immergendomi nel testo e lasciandomi stupire dagli intrecci della trama come farebbe un lettore qualunque. Ad ogni modo, qualsiasi approccio io scelga, resta sempre fondamentale la fase di revisione: l’ideale, una volta finito di tradurre tutto quanto, è lasciare riposare il testo per qualche tempo e andarlo a ripescare dopo un po’, per lavorarlo al meglio. Proprio come un panetto di pasta frolla.

 3.Leggendo Victories greater than death ho pensato spesso a quanto la traduzione sia stata sfidante. Quali sono stati gli elementi più difficili? 

Hai proprio ragione, non è stato un libro semplice da tradurre. Tanto per cominciare, Victories Greater than Death presenta tutte le criticità tipiche del genere fantasy e fantascientifico: alla base della storia esistono mondi, realtà, creature, oggetti, dinamiche e luoghi inventati – talvolta resi con nomi interamente di fantasia, senza particolari allusioni (ad esempio i nomi di certi popoli) ma più spesso frutto di giochi di parole ideati dall’autrice sulla base della propria lingua. Per tradurre questi “nomi parlanti”, come vengono definiti in gergo, serve quindi innanzitutto una padronanza completa della lingua da cui si traduce – perché bisogna essere in grado di cogliere ogni sfumatura e ogni gioco di parole; poi serve orecchio per il ritmo della narrazione, cosa che sembra scontata ma non lo è, e per finire direi che ci vuole anche una buona dose di fantasia e di creatività nel maneggiare la propria, di lingua.

Come ben sappiamo, però, nel caso di Victories Greater than Death le sfide non finivano lì: l’importanza centrale riservata in tutto il libro alle tematiche di genere ha posto una sfida non indifferente in fase di traduzione, visto che in Italia (e in italiano) la questione della scrittura inclusiva è ancora molto dibattuta. Ci sono molte proposte, molte opzioni, molti approcci… però purtroppo ad oggi non esiste un quadro normativo comunemente riconosciuto e accettato, e pertanto è stato necessario affrontare la questione in maniera diversa. Tra l’altro non bisogna sottovalutare il fatto che l’inglese, per sua natura, è molto più avvantaggiato in termini di linguaggio inclusivo rispetto all’italiano: mentre in inglese il problema principale è la scelta dei pronomi corretti – e quindi “basta” fare ricorso a pronomi gender-neutral – in italiano, invece, purtroppo, siamo molto più vincolati (dal punto di vista strettamente linguistico) da tutto ciò che sono articoli, sostantivi, aggettivi e participi passati. Le desinenze che indicano il genere, insomma. Il risultato? Per i personaggi non binari ho scelto di optare per riformulazioni che permettessero di evitare l’uso di articoli, pronomi, sostantivi e aggettivi che ne esplicitassero il genere.

4.Quanto è durato il processo di traduzione di Victories greater than death?

Non saprei quantificarlo con esattezza; però direi che al netto, fra traduzione e revisione, ci sono voluti circa tre mesetti. Comunque ho continuato ad apportare piccole modifiche fino al giorno stesso in cui ho consegnato.

 5. Hai avuto modo di interfacciarti con l'autrice? Se sì ti piacerebbe parlaci di questa esperienza?In caso negativo cosa ti sarebbe piaciuto chiederle?

Non direttamente. In fase di revisione è emerso un dubbio da parte della CE sulla possibile traduzione di una categoria di creature (accennata in modo generico solo un paio di volte in tutto il libro), e a quel punto abbiamo convenuto che sarebbe stato meglio chiedere chiarimenti direttamente all’autrice, in modo da poter scegliere la soluzione più opportuna. Trattandosi di una serie, per di più fantasy, la prudenza nel tradurre non è mai troppa!

6.C'è un personaggio di VGTD a cui ti sei affezionata? 

Yatto, a mani basse. La sua perenne gentilezza, sensibilità, intelligenza e nobiltà d’animo sono impareggiabili!

 7.C'è chi dice che tradurre sia anche un atto di tradimento: quanto di te metti nelle tue traduzioni? Ti capita di interferire col testo o cerchi, come tradurre, di "essere invisibile"?

Eh già, il proverbiale “traduttore traditore”… è un detto famoso che, come tanti altri, inevitabilmente attinge a un fondo di verità. Quando si traduce è impossibile lasciare del tutto fuori chi siamo, da dove veniamo, quali esperienze ci hanno formati. E questo non può che trasparire, almeno in minima parte, nel linguaggio che adoperiamo e dunque anche nel nostro modo di tradurre. Possiamo cercare di essere quanto più “imparziali” possibile, ma non lo saremo mai del tutto. E già che siamo approdate su questo punto, ci tengo molto a dire una cosa: nell’immaginario collettivo, il bravo traduttore è… quello invisibile. Però, se volessimo esprimere questo concetto in termini più corretti, dovremmo dire “quello il cui intervento non si fa notare”. Questo perché la questione dell’invisibilità è innegabilmente croce e delizia di ogni traduttore e traduttrice: se da una parte è una bella metafora, visto che rimanda alla naturalezza e scorrevolezza della traduzione intesa come prodotto finito, in contrapposizione alla “calcolatezza” – passatemi il termine – che caratterizza la traduzione intesa come processo; dall’altra, ahimè, questa storia dell'invisibilità finisce troppo spesso per rendere davvero “invisibili” – e dunque sminuire – i professionisti e l’intera professione. Ed è un vero peccato, se ci pensiamo, perché la traduzione in effetti è, proprio come afferma Susan Sontag, il sistema circolatorio delle letterature (e non solo, aggiungerei io) del mondo. Chiusa questa piccola parentesi, cerco di rispondere brevemente alla domanda iniziale: mentre a volte si riesce a essere più o meno invisibili, altre volte diventa necessario intervenire – o interferire, che dir si voglia – per risolvere ad esempio vincoli linguistici e/o problematiche culturali. Ma c’è una consapevolezza che guida tutti i bravi traduttori: e cioè che, a differenza di quanto accade con gli autori, sono loro a dover essere al servizio del testo (e quindi dei lettori) e non viceversa. Ed è questo approccio a guidare le loro scelte.

 8.Quali sono secondo te gli errori più gravi che si possano riscontrare in una traduzione?

È difficilissimo parlare di “errori” in una traduzione. Quello che io tradurrei in un modo, altri cento traduttori probabilmente lo tradurrebbero in cento modi diversi. Al di là di ciò che poi ricade nella sfera delle preferenze e/o idiosincrasie linguistiche personali, certo, può capitare di imbattersi in errori più o meno gravi. Tra i peggiori ci sono sicuramente quelli di senso, siano essi dovuti a una lettura superficiale o a una conoscenza non perfetta della lingua da cui si traduce. Ma vuol dire che esistono errori meno gravi? Vuol dire che se altero completamente il registro o altre peculiarità espressive di un personaggio – perché non le colgo o perché non le so rendere, se costruisco frasi macchinose perché non riesco a emanciparmi dai vincoli e dagli schemi (anche culturali) della lingua di partenza, se non mi rendo conto di aver utilizzato un calco, se non mi accorgo di aver confuso il nome di un personaggio, se mi sfugge qualche refuso… sono forse errori meno gravi? Forse sì, forse no. Sono sicura che molti miei colleghi non condivideranno la mia stessa opinione. D’altronde, errare è umano e qualche svista può capitare a chiunque. Ma per me – e ci tengo a sottolineare per me, visto che sono consapevole di essere una gran pigno… ahem, perfezionista – è da considerarsi grave qualsiasi errore di cui un lettore/una lettrice si accorgerebbe e che gli/le farebbe storcere il naso. Leggere è una magia e qualsiasi cosa spezzi l’incantesimo, secondo me, rappresenta inevitabilmente un problema.

 9. Ci piacerebbe sapere se oltre che una traduttrice sei anche lettrice. Quali generi ti piacciono di più?

Il fatto di leggere molto “per lavoro” purtroppo mi lascia meno tempo a disposizione per dedicarmi ai miei generi d’elezione. Sono una grande amante dei classici, ma a parte Jane Austen, Oscar Wilde e Emily Brontë parteggio più per i grandi scrittori americani del Novecento. L’età dell’innocenza di Edith Wharton ha un posto speciale nel mio cuore, proprio accanto a Orgoglio e Pregiudizio. Tra i francesi, almeno per quanto riguarda la narrativa, amo Flaubert. Mi piacciono moltissimo i romanzi storici, ma direi che i libri in cui mi rifugio più spesso sono quelli di poesie.

 10.Puoi svelarci qualche titolo di prossima pubblicazione he stai traducendo?

Domanda difficile per un semplice motivo: ovvero, che la scelta del titolo non è quasi mai appannaggio del traduttore. Se ne occupa di più la redazione, magari di concerto con il reparto marketing. Al traduttore tutt’al più viene richiesto un input, un suggerimento. Però posso dirvi che al momento sto lavorando alla traduzione di un altro young adult – sempre per Fanucci, stavolta di genere crime – e che giusto qualche giorno fa è uscito per Newton Compton Editori “Il cottage degli amori segreti”, un romance natalizio pronto a scaldarvi il cuore in attesa delle feste!

 Grazie mille per essere stata con noi!

Grazie a voi, mi avete fatta sentire una star! ✨🥰



Alla prossima!

martedì 10 gennaio 2023

Hell Bent Leigh Bardugo




 Ciao Lettor3,

oggi finalmente termina il mio silenzio stampa perchè, finalmente, posso parlarvi di Hell Bent di Leigh Bardugo edito Mondadori, attesissimo seguito della Nona Casa.

Quest'ultimo è un libro che io ho amato moltissimo è stata per me una delle letture più belle del 2022, ero contenta e al contempo terrorizzata di poter leggere il secondo libro di questa saga, perchè temevo in un fall down della narrazione, così come accade sempre a molti autori. Ma a Bardugo no.

Sono rimasta meravigliata positivamente del modo in cui ha saputo tirare le fila della storia senza mai lasciare trasparire le sue vere intenzioni. Tutto inizia in un modo, prosegue ingannando gli occhi de* lettor3, perchè tutte le congetture fatte fino a metà libro, nell'ultima parte vengono ribaltate in maniera scioccante, ma coerente con tutto il resto.

Ora vi lascio la trama de La nona casa ed anche di Hell Bent, così che possiate farvi un'idea anche se non avete ancora letto il primo libro vi anticipo che nel mio commento non troverete alcun tipo di spoiler, ma solo tanto tanto entusiasmo:


La Nona Casa Vol.1
: Galaxy “Alex” Stern è la matricola più atipica di tutta Yale. Cresciuta nei sobborghi di Los Angeles con una madre hippie, abbandona molto presto la scuola e, giovanissima, entra in un mondo fatto di fidanzati loschi e spacciatori, lavoretti senza futuro e di molto, molto peggio. A soli vent’anni, è l’unica superstite di un orribile e irrisolto omicidio multiplo. Ma è a questo punto che accade l’impensabile. Ancora costretta in un letto d’ospedale, le viene offerta una seconda possibilità: una borsa di studio a copertura totale per frequentare una delle università più prestigiose del mondo. Dov’è l’inganno? E perché proprio lei?
Ancora alla ricerca di risposte, Alex arriva a New Haven con un compito ben preciso affidatole dai suoi misteriosi benefattori: monitorare le attività occulte delle società segrete che gravitano intorno a Yale. Le famose otto “tombe” senza finestre sono i luoghi dove si ritrovano ricchi e potenti, dai politici di alto rango ai grandi di Wall Street. E le loro attività occulte sono più sinistre e fuori dal comune di quanto qualunque mente, anche la più paranoica, possa immaginare. Fanno danni utilizzando la magia proibita. Resuscitano i morti. E, a volte, prendono di mira i vivi.


Hell Bent Vol.2
: Trovare un portale per il mondo sotterraneo e rubare un’anima dall’inferno. Un piano semplice, se non fosse che le persone che compiono questo particolare viaggio raramente tornano indietro. Ma Galaxy “Alex” Stern è determinata a liberare Darlington, anche se questo le costerà il futuro alla Lethe e a Yale.
Impossibilitate a tentare un salvataggio perché non possono accedere alle risorse della Nona Casa, Alex e Pamela Dawes, l’assistente di ricerca, mettono quindi insieme una squadra di dubbi alleati per salvare il “gentiluomo della Lethe”. Insieme, dovranno navigare in un labirinto di testi arcani e artefatti bizzarri per scoprire i segreti più gelosamente custoditi dalla società, infrangendo ogni regola. Ma quando i membri della facoltà iniziano a morire, Alex sa che non si tratta di semplici incidenti. Qualcosa di letale è all’opera a New Haven e, se vuole sopravvivere, dovrà fare i conti con i fantasmi del suo passato e con l’oscurità insita nelle mura dell’università.
Denso di storia e ricco di colpi di scena nello stile magnifico di Bardugo, Hell Bent dà vita a un mondo intricato e indimenticabile, pieno di magia, violenza e mostri fin troppo reali

Commento

Che dire se non : vi prego leggete questi libri! 
Magari potesse bastare solo questa fiducia atavica a convincervi, perchè di argomentazioni ne ho talmente tante che vi annoierei.

Partirei come mio solito dall'ambientazione che rispecchia molto il trend del momento che è il Dark Academia, il tutto si ambienta a Yale, antica università Americana ricca di storia e anche di magia. 
Fra le case studentesche ci sono le case del velo, ossia delle associazioni che praticano dei riti magici a servizio dei potenti o di chiunque possa economicamente consentirsi l'utilizzo di tali artifici. 
La Lethe e la casa a cui appartiene Alex, la nostra protagonista, ed il suo compito è quello di garantire che i riti non generino alcun tipo di effetto collaterale che possa svelare la segretezza degli eventi, o mettere  in pericolo delle persone innocenti. 

Bardugo ci racconta di una magia che è ben lungi dall'essere buona, anzi: attraverso il sistema magico viene sottolineato proprio il fatto che gli aiuti per spianare la strada, vengono forniti solo a coloro i quali se lo possono permettere economicamente, oppure per la posizione sociale. 
Anche se di contro la magia si manifesta in modi sempre poco ortodossi anzi umilianti, per coloro i quali chiedono i suoi servigi. 
In Hell Bent Alex ad esempio, deve sorvegliare un rito della Manuscript in cui una cantante che voleva che la sua voce ritornasse meravigliosa, deve attendere che un usignolo le defechi in gola.
Questo a sottolineare il fatto che non importa quanto potenti siano i mezzi di una persona, il richiedere delle agevolazioni senza meriti, provoca sempre una forma di umiliazione.
La contrapposizione tra male e bene non è mai netta, nelle situazioni inventate dall'autrice essi si sfumano l'uno all'interno dell'altro senza mai creare un confine definito.
Tutte le azioni di Alex infatti non sono guidate dai buoni propositi, ma dall'istinto di sopravvivenza. 
Ci troviamo difronte ad una donna che ha superato innumerevoli traumi che l'hanno incattivita, il suo aggrapparsi ostinatamente alla vita, è dettato sicuramente dal suo dono. 
Alex vede i fantasmi e non vuole essere una di loro, perchè per le sue esperienze pregresse, sa che il suo inferno sarà peggiore della vita che attualmente vive con tante difficoltà, ed è per questo che ci si aggrappa con le unghie e con i denti diventando un'antieroina per eccellenza.
Il desiderio di Alex di ritrovare Darlinghton non nasce da un sentimento d'amore, o di amicizia. Lei sa che lui è l'unico che può aiutarla a non perdere la sua posizione privilegiata e per questo è disposta a gettarsi nell'inferno pur di salvare la sua garanzia per una vita tranquilla.

Per questo il titolo del secondo volume è proprio Hell Bent un'espressione che sta a significare proprio la forte determinazione a portare avanti un'intenzione nonostante gli eventi avversi.
Ed è esattamente questo quello che fa Alex.

Bardugo è stata eccelsa nel caratterizzare tutti gli attori di questi due libri, non ci sono incongruenze, anche gli atteggiamenti più strani possono essere ricondotti alla personalità dei personaggi, al loro vissuto ai loro traumi.
Certamente si prende il suo tempo nella narrazione, che parte lenta fino ad arrivare ad un finale da fuochi d'artificio, ma è tutto giustificato, per dare il giusto peso alle cose ci vuole tempo, soprattutto perchè l'autrice non si getta in spiegoni tediosi, c'è un legame azione-causa che si prolunga ininterrottamente e in maniera sempre estremamente realistica che non consente al* lettor3 di annoiarsi.

In particolare nel secondo volume, la componente thriller non è eccessivamente evidente, ma questo perchè Hell Bent è molto di più, ridurre il tutto alla parola "thriller" è ingiusto.

Qui troviamo una serie di espedienti letterari completamente rinnovati, il famoso "viaggio dell'eroe" mirato ad una crescita del personaggio, in questo preciso contesto si trasforma in un fall down dei protagonisti che saranno costretti a toccare il fondo prima di poter ricominciare a vedere forse un barlume di speranza nel terzo capitolo di questa storia mozzafiato.
Le allegorie con la realtà sono innumerevoli, perchè Bardugo non racconta una fiaba, racconta sprazzi di vita reale dal punto di vista peggiore che possa esistere: quello vero. 
L'autrice non le manda certo a dire racconta di un mondo ricco di appetiti dove l'uomo è anche demone, la dualità che è dentro ognuno di noi non è certo un mistero, eppure sono pochi coloro che riescono, con onestà intellettuale, a raccontare anche cosa accade dall'altro lato del velo.

Se avete letto i libri del Grishaverse, o la dilogia di Sei di corvi, e non vi hanno particolarmente affascinato, vi prego di metterli da parte e di dare una possibilità a questa serie perchè è davvero di una qualità superiore, al punto che non sembra neppure essere scritta dalla stessa persona.

Spero di avervi dato tanti buoni motivi e che il mio entusiasmo sia stato sufficientemente contagioso da accendere in voi il desiderio di leggere questi libri. E se non vi sentite sufficientemente persuasi, vi invito a passare anche dai blog delle mie colleghe che trovate nella locandina qui sopra.
Ringrazio Beatrice per aver organizzato l'evento e la CE per la copia.

Alla prossima!