mercoledì 25 gennaio 2023

Intervista a Leonarda Grazioso traduttrice di Victories Greater than Death

Ciao Lettorə,

Sono felice oggi di potervi portare un contenuto diverso dal solito collegato ad uno dei libri che durante l'anno 2022 si è piazzato fra i miei preferiti (le motivazioni le trovate qui nella mia recensione).
Parlo proprio di Victories greater than death scritto da Charlie Jane Anders, pubblicato da Fanucci e tradotto dalla bravissima Leonarda Grazioso, che io e Francesca de La biblioteca di Zosma abbiamo intervistato per voi, in merito al processo creativo ed altri piccole curiosità, buona lettura!

1. Ciao, Leonarda! Ti va di parlarci un po' di te? Quando hai deciso di diventare una traduttrice? Quali lingue conosci? 

Volentieri! Innanzitutto vorrei ringraziarvi entrambe per avermi proposto quest’intervista; la mia carriera di traduttrice non è iniziata da molto tempo, ma è la prima volta che mi capita un’opportunità simile e ne sono onorata. Diciamo che la decisione di diventare traduttrice nasce da un’inclinazione che mi sono sentita dentro da sempre, prima ancora di scegliere il liceo – linguistico, ovviamente – e che pian piano ha cominciato a germogliare in maniera più consapevole quando ho deciso di iscrivermi alla facoltà per interpreti e traduttori di Trieste. Dopo la triennale, che ho concluso con una tesi di traduzione letteraria dal francese, mi sono un po’ allontanata dalla traduzione scritta e sono passata all’interpretazione di conferenza. È stato un percorso colmo di sfide ma che mi ha riservato anche tante soddisfazioni, e lo rifarei assolutamente. Però sentivo che non era proprio quello il mio posto felice; sentivo di voler tornare alle mie radici e quindi alla traduzione letteraria. E così, finita la magistrale, approfittando della pandemia, mi sono specializzata in questo settore. Le mie lingue di lavoro principali sono l’inglese e il francese, complici anche le richieste del mercato, ma a volte lavoro anche con il tedesco e lo spagnolo. Se devo scegliere una lingua del cuore, però, è e sarà sempre l’inglese.

 2. Ci parli un po' del processo di traduzione? Io non ne so praticamente nulla? Come avviene?

Il processo traduttivo è un po’ come la ricetta della crostata: ne esistono infinite varianti ma ognuno ha la sua, la custodisce gelosamente e la considera la migliore al mondo. Nel mio caso specifico, lascio che sia il testo che ho davanti a dettare l’approccio traduttivo di volta in volta. La teoria di solito vorrebbe che un libro venga letto per intero prima di tradurlo: e sebbene nel caso di Victories Greater than Death sia andata così – per forza di cose, visto il genere – in altri casi mi piace buttare giù una prima bozza “di pancia”, man mano che vado avanti nella lettura, immergendomi nel testo e lasciandomi stupire dagli intrecci della trama come farebbe un lettore qualunque. Ad ogni modo, qualsiasi approccio io scelga, resta sempre fondamentale la fase di revisione: l’ideale, una volta finito di tradurre tutto quanto, è lasciare riposare il testo per qualche tempo e andarlo a ripescare dopo un po’, per lavorarlo al meglio. Proprio come un panetto di pasta frolla.

 3.Leggendo Victories greater than death ho pensato spesso a quanto la traduzione sia stata sfidante. Quali sono stati gli elementi più difficili? 

Hai proprio ragione, non è stato un libro semplice da tradurre. Tanto per cominciare, Victories Greater than Death presenta tutte le criticità tipiche del genere fantasy e fantascientifico: alla base della storia esistono mondi, realtà, creature, oggetti, dinamiche e luoghi inventati – talvolta resi con nomi interamente di fantasia, senza particolari allusioni (ad esempio i nomi di certi popoli) ma più spesso frutto di giochi di parole ideati dall’autrice sulla base della propria lingua. Per tradurre questi “nomi parlanti”, come vengono definiti in gergo, serve quindi innanzitutto una padronanza completa della lingua da cui si traduce – perché bisogna essere in grado di cogliere ogni sfumatura e ogni gioco di parole; poi serve orecchio per il ritmo della narrazione, cosa che sembra scontata ma non lo è, e per finire direi che ci vuole anche una buona dose di fantasia e di creatività nel maneggiare la propria, di lingua.

Come ben sappiamo, però, nel caso di Victories Greater than Death le sfide non finivano lì: l’importanza centrale riservata in tutto il libro alle tematiche di genere ha posto una sfida non indifferente in fase di traduzione, visto che in Italia (e in italiano) la questione della scrittura inclusiva è ancora molto dibattuta. Ci sono molte proposte, molte opzioni, molti approcci… però purtroppo ad oggi non esiste un quadro normativo comunemente riconosciuto e accettato, e pertanto è stato necessario affrontare la questione in maniera diversa. Tra l’altro non bisogna sottovalutare il fatto che l’inglese, per sua natura, è molto più avvantaggiato in termini di linguaggio inclusivo rispetto all’italiano: mentre in inglese il problema principale è la scelta dei pronomi corretti – e quindi “basta” fare ricorso a pronomi gender-neutral – in italiano, invece, purtroppo, siamo molto più vincolati (dal punto di vista strettamente linguistico) da tutto ciò che sono articoli, sostantivi, aggettivi e participi passati. Le desinenze che indicano il genere, insomma. Il risultato? Per i personaggi non binari ho scelto di optare per riformulazioni che permettessero di evitare l’uso di articoli, pronomi, sostantivi e aggettivi che ne esplicitassero il genere.

4.Quanto è durato il processo di traduzione di Victories greater than death?

Non saprei quantificarlo con esattezza; però direi che al netto, fra traduzione e revisione, ci sono voluti circa tre mesetti. Comunque ho continuato ad apportare piccole modifiche fino al giorno stesso in cui ho consegnato.

 5. Hai avuto modo di interfacciarti con l'autrice? Se sì ti piacerebbe parlaci di questa esperienza?In caso negativo cosa ti sarebbe piaciuto chiederle?

Non direttamente. In fase di revisione è emerso un dubbio da parte della CE sulla possibile traduzione di una categoria di creature (accennata in modo generico solo un paio di volte in tutto il libro), e a quel punto abbiamo convenuto che sarebbe stato meglio chiedere chiarimenti direttamente all’autrice, in modo da poter scegliere la soluzione più opportuna. Trattandosi di una serie, per di più fantasy, la prudenza nel tradurre non è mai troppa!

6.C'è un personaggio di VGTD a cui ti sei affezionata? 

Yatto, a mani basse. La sua perenne gentilezza, sensibilità, intelligenza e nobiltà d’animo sono impareggiabili!

 7.C'è chi dice che tradurre sia anche un atto di tradimento: quanto di te metti nelle tue traduzioni? Ti capita di interferire col testo o cerchi, come tradurre, di "essere invisibile"?

Eh già, il proverbiale “traduttore traditore”… è un detto famoso che, come tanti altri, inevitabilmente attinge a un fondo di verità. Quando si traduce è impossibile lasciare del tutto fuori chi siamo, da dove veniamo, quali esperienze ci hanno formati. E questo non può che trasparire, almeno in minima parte, nel linguaggio che adoperiamo e dunque anche nel nostro modo di tradurre. Possiamo cercare di essere quanto più “imparziali” possibile, ma non lo saremo mai del tutto. E già che siamo approdate su questo punto, ci tengo molto a dire una cosa: nell’immaginario collettivo, il bravo traduttore è… quello invisibile. Però, se volessimo esprimere questo concetto in termini più corretti, dovremmo dire “quello il cui intervento non si fa notare”. Questo perché la questione dell’invisibilità è innegabilmente croce e delizia di ogni traduttore e traduttrice: se da una parte è una bella metafora, visto che rimanda alla naturalezza e scorrevolezza della traduzione intesa come prodotto finito, in contrapposizione alla “calcolatezza” – passatemi il termine – che caratterizza la traduzione intesa come processo; dall’altra, ahimè, questa storia dell'invisibilità finisce troppo spesso per rendere davvero “invisibili” – e dunque sminuire – i professionisti e l’intera professione. Ed è un vero peccato, se ci pensiamo, perché la traduzione in effetti è, proprio come afferma Susan Sontag, il sistema circolatorio delle letterature (e non solo, aggiungerei io) del mondo. Chiusa questa piccola parentesi, cerco di rispondere brevemente alla domanda iniziale: mentre a volte si riesce a essere più o meno invisibili, altre volte diventa necessario intervenire – o interferire, che dir si voglia – per risolvere ad esempio vincoli linguistici e/o problematiche culturali. Ma c’è una consapevolezza che guida tutti i bravi traduttori: e cioè che, a differenza di quanto accade con gli autori, sono loro a dover essere al servizio del testo (e quindi dei lettori) e non viceversa. Ed è questo approccio a guidare le loro scelte.

 8.Quali sono secondo te gli errori più gravi che si possano riscontrare in una traduzione?

È difficilissimo parlare di “errori” in una traduzione. Quello che io tradurrei in un modo, altri cento traduttori probabilmente lo tradurrebbero in cento modi diversi. Al di là di ciò che poi ricade nella sfera delle preferenze e/o idiosincrasie linguistiche personali, certo, può capitare di imbattersi in errori più o meno gravi. Tra i peggiori ci sono sicuramente quelli di senso, siano essi dovuti a una lettura superficiale o a una conoscenza non perfetta della lingua da cui si traduce. Ma vuol dire che esistono errori meno gravi? Vuol dire che se altero completamente il registro o altre peculiarità espressive di un personaggio – perché non le colgo o perché non le so rendere, se costruisco frasi macchinose perché non riesco a emanciparmi dai vincoli e dagli schemi (anche culturali) della lingua di partenza, se non mi rendo conto di aver utilizzato un calco, se non mi accorgo di aver confuso il nome di un personaggio, se mi sfugge qualche refuso… sono forse errori meno gravi? Forse sì, forse no. Sono sicura che molti miei colleghi non condivideranno la mia stessa opinione. D’altronde, errare è umano e qualche svista può capitare a chiunque. Ma per me – e ci tengo a sottolineare per me, visto che sono consapevole di essere una gran pigno… ahem, perfezionista – è da considerarsi grave qualsiasi errore di cui un lettore/una lettrice si accorgerebbe e che gli/le farebbe storcere il naso. Leggere è una magia e qualsiasi cosa spezzi l’incantesimo, secondo me, rappresenta inevitabilmente un problema.

 9. Ci piacerebbe sapere se oltre che una traduttrice sei anche lettrice. Quali generi ti piacciono di più?

Il fatto di leggere molto “per lavoro” purtroppo mi lascia meno tempo a disposizione per dedicarmi ai miei generi d’elezione. Sono una grande amante dei classici, ma a parte Jane Austen, Oscar Wilde e Emily Brontë parteggio più per i grandi scrittori americani del Novecento. L’età dell’innocenza di Edith Wharton ha un posto speciale nel mio cuore, proprio accanto a Orgoglio e Pregiudizio. Tra i francesi, almeno per quanto riguarda la narrativa, amo Flaubert. Mi piacciono moltissimo i romanzi storici, ma direi che i libri in cui mi rifugio più spesso sono quelli di poesie.

 10.Puoi svelarci qualche titolo di prossima pubblicazione he stai traducendo?

Domanda difficile per un semplice motivo: ovvero, che la scelta del titolo non è quasi mai appannaggio del traduttore. Se ne occupa di più la redazione, magari di concerto con il reparto marketing. Al traduttore tutt’al più viene richiesto un input, un suggerimento. Però posso dirvi che al momento sto lavorando alla traduzione di un altro young adult – sempre per Fanucci, stavolta di genere crime – e che giusto qualche giorno fa è uscito per Newton Compton Editori “Il cottage degli amori segreti”, un romance natalizio pronto a scaldarvi il cuore in attesa delle feste!

 Grazie mille per essere stata con noi!

Grazie a voi, mi avete fatta sentire una star! ✨🥰



Alla prossima!

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